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1594 Donna Meia: Storie di Streghe fra Barberino e Poggibonsi (Siena – Toscana)

Per iniziare questo viaggio fra le Storie di Streghe, Fate, Stregoni e Guaritori di Campagna ho deciso di partire da una racconto ambientato nel 1594 fra Poggibonsi, Barberino e Colle Val d’Elsa, zone della mia infanzia. Ho scoperto questa storia grazie al bell’articolo di Marco Ramerini comparso su Borghi di Toscana. Ma iniziamo.

Storie di Streghe 1594 Donna Meia illustrazione Diego Gabriele
Storie di Streghe 1594 Donna Meia illustrazione di Diego Gabriele

Un’anziana donna si avvicina lentamente verso il portone di una abitazione, siamo nella campagna toscana fra Siena e Firenze. Ad aprire la porta una donna, sta allattando un bambino di pochi mesi. La donna si chiama Andrea. L’anziana donna chiede ad Andrea di allattare per tre giorni e tre volte al giorno un rospo.

La protagonista di questa vicenda era Donna Meia, diminutivo di Bartolomea, un’anziana donna originaria di un remoto luogo della Romagna. Da circa 25 anni, aveva vagato tra vari luoghi della podesteria di Barberino Val d’Elsa, una vita segnata dalla povertà, dall’errare senza meta, e da una fama oscura di stregoneria.

Meia, conosciuta anche come Meia di Antonio Fignali, era stata serva di un parroco a Palazzuolo fino alla morte dell’uomo avvenuta 12 o 15 anni prima del 1594. Dopo quel tragico evento, la donna aveva vissuto senza una dimora fissa, spostandosi tra località come Linari, Vico, Poggibonsi, Siena e altri luoghi circostanti.

La sua figura, con un occhio cieco e un aspetto trasandato, destava sospetti e timori nella popolazione. La sua vita, segnata dalla povertà estrema, si intrecciava con credenze, dicerie popolari e accuse di stregoneria. Meia aveva una figlia di nome Betta, sposata con Austino Baroncini di Vico. La famiglia, tuttavia, sembrava disconoscerla.

La storia di Meia si sviluppava in un contesto in cui la sottile linea tra guaritori/guaritrici e maghi/streghe poteva portare a punizioni estreme, persino alla condanna al rogo.

Il processo del marzo 1594, documentato attentamente negli atti ufficiali, rivela le testimonianze di vari abitanti della zona. Gregorio Leoncini da Vico Val d’Elsa, Marco Bartaletti di Montegonfoli, Baccio Bandini di San Michele, Niccolò Capalli di Vico Val d’Elsa e Giovanni Petri di Barberino Val d’Elsa fornirono resoconti dettagliati su presunti atti di stregoneria attribuiti a Meia.

Maddalena stregata da Donna Meia

Maddalena Ambrogini, moglie di Gregorio (Goro) di Bartolomeo Leoncini da Vico d’Elsa, si ammalò gravemente la prima domenica di settembre 1593. Si narra che questa malattia fosse stata provocata da Donna Meia, accusata di aver “guastato” e stregato Madalena. Nel dicembre 1593, poco dopo Natale, Giovanni di Paolo Petri, messo pubblico ed esecutore di giustizia della podesteria di Barberino, mosso a compassione, si recò a Poggibonsi per trovare Meia.

Trovatasi lungo la Strada Maestra, Meia fu condotta da Giovanni in una “stanza a terreno” dell’Osteria del Leone. Lì, egli la accusò di aver fatto una malia a Maddalena di Goro Leoncini e le disse che, se non avesse guarito la donna dalla malia, l’avrebbe portata a Firenze “per fare un fuoco del fatto vostro”. Meia negò categoricamente di aver compiuto simili azioni, ma Giovanni, minacciandola, la costrinse a confessare. Meia rivelò che era stata la sua nipote, residente a Vico, a infliggere la malia a Maddalena, usando una “susina simiana”.

Giovanni si recò quindi a Vico, dove trovò la ragazza che stava aiutando un contadino con le olive. La condusse a casa e le ordinò di svelare la malia fatta a Maddalena. Inizialmente, la ragazza negò di sapere qualcosa, dichiarandosi “fanciulla”. Tuttavia, dopo diverse minacce, inclusa quella di “fare un fuoco de fatti tuoi”, la ragazza indicò a Giovanni di recarsi alla Porta Castellana e di cercare nel punto in cui il muro era “stracciato”. Lì avrebbe trovato tra due mattoni uno “stelo di Ginepro” contenente il legame cercato.

Giovanni si recò immediatamente sul luogo indicato e trovò un “rinvolto” con pezzi secchi, probabilmente di susina, e buccia secca di arancio o limone. Inoltre, c’era una carta unta con scritte di lettere o parole, che Giovanni, essendo analfabeta, non poté comprendere. Tornato a casa della nipote di Meia, il “rinvolto” fu bruciato e Maddalena guarì. Tuttavia, dopo circa un mese, Maddalena ricadde malata e la sua condizione peggiorò ulteriormente.

Storie di Streghe 1594 Donna Meia illustrazione di Diego Gabriele
Storie di Streghe 1594 Donna Meia illustrazione di Diego Gabriele

Margherita e la Mela

Meia viene accusata di aver “guastato” una ragazzina, Margherita, figlia di Marco del fu Simone Bartaletti del popolo di Montegonfoli, un podere non lontano da Ulignano. Tuttavia, l’incidente si era verificato 4 anni prima, quando Meia aveva “guastato” la giovane in una località cittadina. In quel periodo, la famiglia di Marco viveva nel podere chiamato la Ripa di messer Austino Tani, situato nella villa di Mucchio, nel contado di San Gimignano.

Un giorno, Meia si presentò a casa di Marco in cerca di elemosina e trovò Margherita, la figlia di Marco, sola in casa. La giovane offrì alla donna “pane e da bere”, ma Meia chiese anche dei fichi secchi, che purtroppo non erano disponibili. Di fronte a questa mancanza, Meia avvertì la giovane dicendo: “Se tu non me ne dai, te ne pentirai”, per poi allontanarsi rapidamente. Dopo che la vecchia se ne andò, Margherita trovò una mela giù per la scala di casa, la prese e la mangiò. Il testimone presume che Meia avesse lasciato la mela.

Solo tre ore dopo aver consumato la mela, Margherita cominciò a sentirsi male. Con il passare dei giorni, la sua salute si deteriorò ulteriormente, impedendole di mangiare, bere e vestirsi. Di fronte a questa situazione critica, il padre di Margherita decise di ricorrere alle cure di Lorenzo Sorrantelli, un guaritore residente nel contado di Colle. L’uomo visitò la casa di Marco per tre volte, utilizzando erbe e preghiere per curare la giovane. La malattia di Margherita durò complessivamente tre mesi, durante i quali Lorenzo Sorrantelli riuscì a guarirla con le sue competenze e i suoi rimedi tradizionali.

Rospi da Allattare

Un altro episodio narrato da Giovanni di Paolo Petri si svolse nel popolo di San Jacomo a Magliano, una località vicina all’attuale Tavarnelle Val di Pesa, dove al tempo dimorava anche Donna Meia.

Andrea, moglie di Piero di Gianni Mugnaini, residente da circa 16 anni nella Casa Nuova nel popolo di Magliano, aveva un neonato che allattava al seno. Un giorno, Meia si presentò a casa sua con una richiesta insolita. Con tono misterioso, chiese a Donna Andrea un “servizio”: attaccare al petto del neonato, per tre giorni consecutivi e tre volte al giorno, un rospo, lasciandogli succhiare una goccia di latte per volta. In cambio di questo “servizio”, Meia avrebbe donato a Donna Andrea tre staia di grano. Tuttavia, Donna Andrea rifiutò categoricamente di compiere tale azione, dichiarando: “Dio me ne guardi, ch’io voglia far tal cosa, levatemela dinanzi”.

Meia, non scoraggiata, si rivolse a un’altra donna, Betta, moglie di Niccolò Gremigni, che all’epoca risiedeva a Vigliano (ma al momento del processo nel 1594 abitava “alle Tavernelle”). Chiese a Betta lo stesso favore, ma quest’ultima reagì con veemenza: “prese il sruccatorio del forno e le disse se non mi vi levate d’intorno vi darò delle legnate, stregaccia”.

Dopo questo episodio, Meia tornò a Magliano, dove raccolse un’insalata dall’orto. La sera stessa o il giorno successivo, ritornò alla Casa Nuova da Donna Andrea e le regalò l’insalata. Quella stessa sera, durante la cena, Andrea servì l’insalata portata da Meia e immediatamente dopo averla consumata “cadde subito sotto la tavola stramortita”. La donna si riprese e raccontò l’accaduto ai familiari. Qualcuno di loro si recò a Magliano, prese Donna Meia e la condusse con la forza alla Casa Nuova, intimandole di guarire Donna Andrea minacciandola di ucciderla se non avesse guarito la donna. Alla fine, prima che Meia partisse, miracolosamente Donna Andrea guarì.

Donna Meia e gli Alberi Secchi

Niccolò, figlio di Domenico Capalli e residente a Vico Val d’Elsa, racconta un episodio accaduto due anni prima. Un giorno, Meia stava percorrendo un viottolo situato nei terreni del podere degli eredi del signor Giuliano Ricasoli, dove Niccolò aveva la sua dimora. Questo podere si trovava nei pressi di Ulignano, ma nel popolo di San Michele a Vico. La donna si fermò a breve distanza da un albero di Melo Appiolo e sembrava intenta a raccogliere dell’insalata o dei legnetti per il fuoco, ma “da lì, e per quattro giorni, l’albero si seccò”. Una domenica, mentre si dirigeva alla messa, Niccolò iniziò a discutere con altri uomini riguardo a come quell’albero si fosse improvvisamente seccato. Uno di loro domandò chi fosse passato da lì prima che ciò accadesse, e una volta appreso che era stata Meia a passare di lì, uno degli uomini sentenziò: “Se c’è passata lei, non accade altro”.

L’Arresto di Donna Meia

Il racconto giunge al suo epilogo con l’arresto di Meia il 16 marzo 1594 a Poggibonsi, la sua successiva detenzione e l’inventario dei pochi beni rinvenuti nella sua modesta dimora. Il 31 marzo 1594, la notizia della morte di Meia in prigione pone fine a questa storia. Le autorità conclusero che la donna morì a causa di una cattiva salute, e non per l’applicazione di forze coercitive durante l’interrogatorio.


Rospi, Streghe e Guaritori

La storia di Donna Meia, per quanto poco conosciuta, rivela alcuni particolari interessanti:

  • La diffidenza e la paura per lo sconosciuto, il diverso, lo strano
  • L’utilizzo di frutti per avvelenare, prima la Susina e poi la Mela, che ricorda ovviamente la fiaba di Biancaneve
  • La strega che ha il potere di modificare la natura
  • E le figure dei Guaritori di Campagna, che nonostante facessero riti collegate al Mondo Magico venivano accettati e ricercati. Addirittura in questo processo si leggono di ben due Guaritori di Campagna.

Fonti

Marco Ramerini – Aprile 2023 – Donna Meia Romagnola. 1594: Una strega tra Barberino e Poggibonsi – Borghi di Toscana

ARCHIVIO ARCIVESCOVILE DI COLLE -CAUSE CRIMINALI: 228 – Anno 1593 (1594) – Processo criminale contro Donna Meia Romagnola